- A differenza del passato quando c’erano i punk, i mobs, i gabbers, gli skaters, oggi le sottoculture risultano invisibili all’occhio umano perché non popolano più le strade ma la rete;
- Per individuarle Tim Stock ha sviluppato un software chiamato Culture Mapping che raccoglie, analizza e categorizza i miliardi di dati presenti in rete come hashtag e cronologie di ricerche.
Al giorno d’oggi esistono ancora le sottoculture? La domanda è quanto mai lecita visto che rispetto al passato, quando c’erano i punk, i mobs, i gabbers, il normcore, gli skaters e i paninari, oggi risulta complicato individuare sottoculture tipiche del nostro tempo, in aperto contrasto con la cultura generale della società. Non si vedono più gli emo passeggiare per le strade come negli anni 2000 ma questo non significa necessariamente che le sottoculture non esistano più.
Secondo quanto dichiarato da Tim Stock, docente di analisi delle tendenze e design alla Parsons School of Design, le sottoculture sarebbero ancora assolutamente presenti ma sarebbero cambiate, spostandosi dalla vista e espandendosi in un universo di costellazioni più ampie, più articolate e più intrecciate tra loro. Esisterebbero quindi ancora ma sarebbero più difficili da individuare perché il linguaggio attraverso il quale si diramano, quello tecnologico, fa da barriera.
Culture Mapping
Per individuarle Tim Stock ha sviluppato un apposito strumento, chiamato Culture Mapping, che usa l’apprendimento automatico per rilevare e caratterizzare sottoculture altrimenti invisibili usando l’analisi del linguaggio e prevedendo la direzione dei fenomeni culturali del tempo.
Una volta che si inizia a esaminare le sottoculture online le cose iniziano a confondersi, ed è qui che entra il gioco il software di Culture Mapping che raccoglie, analizza e categorizza i miliardi di dati presenti in rete in base a degli archetipi di comportamento. Attraverso l’intelligenza artificiale, il sistema utilizza degli algoritmi per dare significato a hashtag, cronologie di ricerche, sequenze di account e abitudini di comportamento. Le informazioni raccolte sono poi utili ad aziende e brand. Tra i clienti di Culture Mapping spiccano infatti multinazionali del calibro di Ikea, Nike, Hilton e Honda.
La necessità di servirsi di un software per individuare le sottoculture della nostra epoca deriva dal fatto che oggi tutto accade in rete. Se prima farne parte significava far parte di un gruppo, incontrarsi in un club, sentirsi cool, oggi il confronto avviene con la telecamera accesa e nei commenti sotto un post. Non si tratta di movimenti di massa, uniti da un gusto condiviso per la musica, la moda, ma sono piuttosto delle tendenze più veloci che nascono e muoiono alla velocità di un click.
Un esempio attuale sono le haul girl con i loro video pieni di vestiti o l’Afro Beat, altra sottocultura individuata da Culture Mapping, che vede uniti i migliori musicisti della scena jazz londinese contemporanea tra cui Moses Boyd, Tony Allen, Mumbia Garcia, Sons of Kemet, tutti influenzati dalle loro origini africane.
Per farla breve non è più questione di cosa si indossa ma di cosa si pensa. Le sottoculture di oggi non si schierano per forza con qualcosa o si oppongono a qualcos’altro, non hanno necessariamente una connotazione politica, hanno solo bisogno di creare un loro spazio spesso difficile da individuare da un occhio umano, perché spesso online.
Filippo Navarra