- Il settore dell’e-commerce è certamente tra quelli maggiormente cresciuti durante il periodo pandemico, una crescita che continua ancora oggi con la necessità che ha lasciato il posto all’abitudine;
- Per capire come e quanto è cambiato il settore dell’e-commerce post pandemia occorre focalizzarsi su due concetti: la sostenibilità e i data. La prima è sempre più pretesa dai consumatori italiani sia nei processi di produzione che in quelli di acquisto online, i secondi stanno invece diventando una questione spinosa con gli utenti sempre più scettici nel cedere il consenso dei data alle aziende che invece li necessitano per andare maggiormente incontro ai loro gusti.
Sebbene il mondo stia gradualmente tornando alla normalità , è innegabile che il triennio pandemico abbia lasciato strascichi e conseguenze ancora oggi tangibili. Tra i settori certamente più toccati dal periodo emergenziale spicca l’e-commerce che, come tutto ciò che riguarda la sfera digital, ha conosciuto una crescita esponenziale e senza precedenti che prosegue ancora oggi. Un settore in continua evoluzione che, come sostenuto da Roberto Liscia, Presidente di Netcom (il Consorzio del Commercio Digitale in Italia) , ha compiuto “un salto evolutivo di 10 anni, prima per necessità, poi per abitudine. Ora che il 53% dei consumatori digitali italiani vorrebbe che persino i negozi tradizionali di quartiere adottassero nuove forme di vendita integrando e-commerce e pagamenti digitali, per i venditori è diventato fondamentale essere presenti quando, dove e come vuole il cliente.”
Sostenibilità
Ma ora che la pandemia è alla spalle, come e quanto è cambiato il settore dell’e-commerce? Le risposte arrivano sempre da Netcom, che indaga la modalità con i cui i modelli di business si stanno adattando alle nuove abitudini dei consumatori. “L’Italia stando ai dati DESI 2021 sulla digitalizzazione delle imprese, si posiziona al 10° posto rispetto agli altri Paesi europei, ancora debole rispetto alla diffusione dell’e-commerce (9% delle imprese in Italia vs 12% in UE), i big data (utilizzati dal 9% delle imprese italiane rispetto a una media Ue del 14%), l’intelligenza artificiale (18% vs 25%) e l’uso dell’ICT per la sostenibilità ambientale (60% vs 66%)”. Proprio la sostenibilità, intesa nelle sue diverse sfaccettature, è forse il tema più caro agli italiani, visto che “il 47% di loro si aspetta che le aziende si impegnino a innovare e implementare, in ottica di sostenibilità, tutti gli aspetti relativi al processo di produzione e di acquisto online di un prodotto”. Modalità di consegna eco-friendly, l’utilizzo di imballaggi sostenibili, attenzione allo spreco alimentare, sono tutti aspetti che il consumatore italiano tende sempre più a pretendere, obbligando di conseguenza i venditori a mettere in discussione ogni ambito della filiera.
Data
Tra i temi maggiormente discussi c’è poi la questione data che, dopo le accuse rivolte a Facebook e il dibattito sui cookie, è diventato un argomento all’ordine del giorno soprattutto in termini di trasparenza e consenso. Se da un lato, infatti, le aziende sentono sempre più il bisogno di reperire dati sempre più accurati sugli utenti, per poter andare incontro più facilmente ai loro gusti, dall’altra si sta verificando un sempre maggiore scetticismo degli utenti nel cedere il consenso di quegli stessi data. Una soluzione a questo annoso problema potrebbe essere rappresentata dall’avvento del Web 3. Secondo Liscia “implementare concretamente tecnologie come la blockchain e l’intelligenza artificiale significa senz’altro aumentare la sicurezza dei dati degli utenti e la competitività delle imprese. Questi strumenti consentono infatti la tracciabilità nel sistema produttivo, grazie alla connessione delle informazioni di cui le aziende stesse possono godere, facilitando ad esempio la creazione di distretti digitali per aumentare la loro competitività sui mercati nazionali e internazionali. Tecnologie che sono alla base del cambiamento dei processi dell’organizzazione e delle competenze, non solo per brand e aziende, ma per ogni settore, del commercio al turismo, dalla salute alla formazione”.
Quel che è certo è che il futuro dell’e-commerce, tra sostenibilità e data, riguarda tutti da vicino, molto più di quanto si creda.
Filippo Navarra