A pochi giorni dalla tappa estense del suo “Exuvia Tour” che il 22 luglio sarà di scena al Ferrara Summer Festival 2022, appuntamento che chiuderà il ricco calendario di eventi in piazza Trento e Trieste, abbiamo avuto il piacere e l’onore di parlare con Michele Salvemini (in arte Caparezza) che ci ha raccontato le impressioni e qualche retroscena riguardo l’andamento della tournée, partita lo scorso 25 giugno da Treviso, e le aspettative in vista del suo primo concerto a Ferrara.
Ciao Michele innanzitutto come stai? Come sono andate le prime tappe del tour?
Sto bene, devo dire la verità questo concerto mi sta dando veramente tante soddisfazioni dal punto di vista professionale, è un concerto che mi piace fare perché è molto impegnativo e nelle difficoltà tendo sempre a dare il meglio. Le prime tappe del tour sono andate oltre le aspettative, viene tantissima gente a vederci, credo ci sia un passaparola molto forte perché lo spettacolo è molto particolare e può incontrare i gusti anche di chi normalmente non mi segue.
Cosa puoi anticipare a noi di Ferrara del tuo Exuvia Tour anche dal punto di vista della scenografia?
Sono circa due ore e un quarto di show in cui accadono cose assurde sul palco, c’è un’energia molto positiva ed è qualcosa di cui vado orgoglioso. Per quanto riguarda la scenografia non voglio dire troppo anche per mantenere l’effetto sorpresa ma posso anticipare che si tratta di un concerto a tutti gli effetti mio. Oltre al ledwall e alla luci sul palco ci sono diversi oggetti in cartapesta che servono a veicolare con più forza le cose che dico nei testi. Poi sono accompagnato da quattro ballerini che con la loro teatralità e le loro movenze hanno il compito di sottolineare ancora una volta la direzione del contenuto del brano.
Sappiamo che hai una cura particolare per i dettagli. Come nasce il processo creativo per arrivare alla scaletta dell’Album e creare un tour?
E’ un processo creativo estremamente lungo, per creare uno spettacolo servono mesi di lavoro. Innanzitutto parto da una sorta di canovaccio che nel caso di Exuvia è il concetto del rito di passaggio e del cambiamento e tutte le canzoni, anche quelle dei precedenti album, vengono declinate in questa forma. E’ un lavoro estremamente lungo anche perché mi interfaccio con tutti, dal coreografo al costumista, ed è tutto sotto il mio controllo ma alla fine proprio perché c’è tanta passione dietro sono davvero contento del risultato.
Che cosa rappresenta per te un concerto e qual è il tuo rapporto con il pubblico?
Un concerto per me è innanzitutto la riproduzione creativa di tutto ciò che è stato fatto in studio, si tratta di prendere le singole canzoni e di rivestirle portandole live, poi è anche la mancanza di un filtro tra me e le persone, una comunicazione immediata. Soprattutto però si tratta di rispetto assoluto verso chi ha pagato il biglietto: io e tutto il mio staff diamo sempre il massimo possibile nel rispetto più profondo di chi viene a vederci.
Il 7 maggio Exuvia ha festeggiato il suo primo anno di vita: di che disco si tratta dal tuo punto di vista?
Si tratta di un disco di passaggio, un disco onesto perché racconta il mio pensiero nella contemporaneità, si differenzia dagli altri che ho realizzato per tematiche e per schiettezza ed è un disco che probabilmente ascolterò anche negli anni a venire a differenza dei precedenti che invece non riascolto mai una volta prodotti.
Lo stop ovviamente è stato forzato anche per te e non era mai successo che passassero così tanti anni tra un tour e l’altro. Come hai vissuto questa attesa e quali sensazioni provi in questa ripartenza?
Tutti noi siamo abbastanza bravi a dimenticare e a metterci alle spalle i momenti negativi, il fatto che l’uomo sia settato per ripartire secondo me è molto veritiero ed è evidente in questa fase di riapertura. Per quanto riguarda gli anni di restrizione a dire la verità mi hanno toccato relativamente poco in quanto non avevo live programmati e la pandemia è arrivata nel bel mezzo del mio periodo di scrittura. Parlando invece del mondo della musica in generale, mi è dispiaciuto molto vedere tante persone che lavoravano come addetti ai lavori che sono state costrette a cambiare mestiere e in generale è diventato più difficile reperire figure lavorative. La speranza è che non accada mai più una cosa del genere.
Grazie mille Michele, ti aspettiamo a Ferrara!
Filippo Navarra