- Aumento vertiginoso per il prezzo del grano. A renderlo noto è la Coldiretti, durante la manifestazione sugli effetti economici della guerra che si è svolta nella giornata di ieri alla Fiera di Verona;
- Agricoltori italiani in grande difficoltà perché oltre al grano, anche mais e soia, essenziali per l’alimentazione del bestiame, hanno subito notevoli rincari.
Di male in peggio
Non solo il petrolio e il gas, anche il prezzo del grano balza alle stelle fino a raggiungere valori che non si toccavano dal 2008, 33,3 centesimi al chilo. E non è finita qui visto che anche per mais e soia, necessarie per l’alimentazione degli animali negli allevamenti, si sta assistendo a fenomeni analoghi. Questo quadro preoccupante emerge dall’analisi della Coldiretti alla manifestazione dei giovani sugli effetti economici della guerra tenutasi nella giornata di ieri alla Fiera di Verona. Alla manifestazione ha preso parte anche una delegazione ferrarese, con i rappresentanti di Giovani Impresa e Donne Impresa Ferrara, Filippo Pallara, Monia Dalla Libera, Melissa Ghirardelli e Stefano Menegatti.
A far lievitare i prezzi del grano e degli altri prodotti agricoli è stata la sospensione, a causa della guerra in atto, delle spedizioni commerciali dai porti affacciati sul Nero dell’Ucraina che, insieme alla Russia, rappresenta quasi 1/3 del commercio mondiale di grano ma anche il 19% delle forniture globali di mais e ben l’80% delle esportazioni di olio di girasole. Una situazione che, sottolinea la Coldiretti, sta alimentando l’inflazione nei paesi più sviluppati e mettendo a rischio la stabilità politica di quelli più poveri.
Un’emergenza mondiale che tocca direttamente l’Italia che importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano e il 53% del mais. Inoltre dall’analisi della Coldiretti si evince come proprio l’Ucraina sia il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 20%.
L’Italia è costretta ad importare le materie prime anche a causa dei bassi compensi riconosciuti agli allevatori che sono stati costretti a ridurre la produzione nazionale di mais negli ultimi dieci anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque. Inoltre nel 2021 sono praticamente raddoppiati, in Italia, i costi delle semine per la produzione di grano per effetto dei rincari del gasolio, necessario alle lavorazioni dei terreni, oltre che dei mezzi agricoli, dei fitosanitari e dei fertilizzanti che sono arrivati anche a triplicare.
Una situazione che sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che devono affrontare aumenti vertiginosi per l’alimentazione del bestiame (+40%) e dell’energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili.
Per fermare le speculazioni a livello internazionale e garantire la disponibilità del grano, continua la Coldiretti, occorre trovare accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione.
“La guerra sta innescando un nuovo cortocircuito sul settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria in alcuni settori ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri- afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini -. Nell’immediato occorre quindi garantire la sostenibilità finanziaria delle aziende con prezzi giusti che consentano agli allevatori di continuare a lavorare. L Italia – conclude Prandini, – ha le risorse, la tecnologia e le capacità per diventare autosufficiente nella produzione del grano e degli altri alimenti.
Filippo Navarra