- Lunedì 9 maggio, proprio il giorno dell’avvio delle operazioni da parte di Eni per fermare il cracking di Porto Marghera, sarà indetto uno sciopero per i lavoratori del Petrolchimico;
- La mobilitazione è stata votata ieri all’unanimità e diventerà ufficiale oggi dopo le ultime due assemblee programmate. Chiaroni Cgil: “Grande preoccupazione e tensione perché gli investimenti per garantire la continuità produttiva e di forniture non sono stati fatti”
L’ufficialità non c’è ancora ma tutto appare deciso: sarà sciopero per i lavoratori del Polo chimico di Ferrara in vista dell’ormai prossimo spegnimento del cracking di Porto Marghera, l’impianto che alimenta Ferrara per le produzioni di polietilene, gomme e polipropilene da parte di Versalis e Eni.
Una mobilitazione votata nella giornata di ieri, 5 maggio, all’unanimità dai lavoratori giornalieri, in una prima assemblea molto partecipata e che sarà ufficiale oggi, dopo le ultime due assemblee programmate.
Sarà uno sciopero duro, di 24 ore, di tutti i lavoratori del Petrolchimico, che verrà indetto il 9 maggio, ovvero il giorno stabilito da Eni Versalis per l’avvio delle operazioni di spegnimento del cracking di Porto Marghera. Una mobilitazione che non riguarderà solo i lavoratori del Polo chimico della città estense: anche a Mantova, Ravenna e Venezia l’indicazione è quella di scioperare nella stessa data.
“Il clima, chiaramente, era abbastanza caldo perché la preoccupazione è molto forte – spiega Fausto Chiarioni, segretario generale della Filctem-Cgil -. La mossa di Eni, così repentina, una settimana per l’altra, nessuno se l’aspettava anche perché gli investimenti per garantire la continuità produttiva e di forniture non sono stati fatti. Ora c’è l’incognita per il giorno dopo, cosa succederà dopo lo spegnimento?”.
Oggi sono in programma altre due assemblee dedicate ai turnisti, ma la sensazione è che le indicazioni non saranno diverse da quelle avute ieri.
“La preoccupazione era palpabile – afferma Vittorio Caleffi, segretario provinciale della Uiltec-Uil –. Abbiamo spiegato le motivazioni che stanno a valle della nostra decisione d’innalzare il livello dello scontro: abbiamo la necessità di ribadire che senza certezza di forniture c’è il rischio di conseguenze, in prospettiva, sulla tenuta impiantistica. E abbiamo ricevuto un mandato di lotta”.
Presenti all’assemblea di ieri anche i segretari generali Veronica Tagliati della Cgil e Massimo Zanirato della Uil, assente invece la Cisl. “Cerchiamo di ricostruire l’unità del sindacato – afferma Caleffi -. Ma siamo convinti che non possiamo chiedere ad altri di vincere la nostra battaglia. Spero che la Femca nazionale capisca che siamo di fronte a un rischio troppo grosso, interessi di bottega stanno predominando su interessi industriali del Paese. La politica interviene se c’è sindacato capace di mobilitare, non ci sono scorciatoie. Se si parla di reshoring, di riportare le produzioni qui, poi non ci si può nascondere dietro alle necessità di fare business e utili, soprattutto nel caso di Eni, ma anche per le multinazionali cresciute e prosperate in questo Paese”.
Filippo Navarra